50 Anni dalla Conferenza di Stoccolma: un diritto internazionale dell’ambiente in regressione?

Per gentile concessione dell’autrice pubblichiamo la recensione della dottoressa Sofia Pavlidi della conferenza svoltasi lo scorso 8 aprile 2022 in Aula Marconi presso il CNR.

Il Convegno dal titolo “50 Anni dalla Conferenza di Stoccolma: un diritto internazionale dell’ambiente in regressione?”, tenutosi l’8 aprile 2022, è stato un momento di riflessione al quale hanno preso parte professori, ricercatori ed esperti provenienti da diverse università italiane.

L’iniziativa, organizzata dal Gruppo “Ambiente e sviluppo sostenibile” della Società italiana per il diritto internazionale e il diritto dell’Unione europea (DASS – SIDI) in collaborazione con l’Istituto di studi giuridici internazionali del Consiglio Nazionale delle Ricerche (ISGI – CNR), si è posta l’obiettivo di valutare lo stato attuale del diritto internazionale dell’ambiente, partendo da un’analisi critica e puntuale dei principi affermatisi con la Dichiarazione di Stoccolma del 1972, di cui si è celebrato il 50° anniversario.

La parte iniziale dell’incontro ha visto i saluti di Virginia Coda Nunziante, Responsabile dell’Unità Relazioni europee e internazionali del CNR, di Roberto Palaia, Direttore f.f. del Dipartimento di Scienze umane e sociali, patrimonio culturale del CNR e di Fabio Marcelli, Direttore f.f. dell’Istituto di studi giuridici internazionali (ISGI-CNR). Tutti hanno evidenziato l’importanza dell’evento e del tema della protezione ambientale e dei cambiamenti climatici per il CNR. Numerosi sono infatti i progetti e le attività di ricerca che hanno ad oggetto proprio i temi ecologici, come dimostrano, tra l’altro, le numerose iniziative del CNR all’interno del PNRR.

Il Convegno è stato poi aperto dalla relazione introduttiva di Gianfranco Tamburelli, primo ricercatore dell’ISGI e coordinatore del Gruppo di interesse su ‘Ambiente e sviluppo sostenibile’ della SIDI. Come evidenziato da Tamburelli, il Gruppo, costituitosi solo da pochi mesi, intende diventare un forum di confronto e promozione di iniziative sulle tematiche più rilevanti in materia di diritto internazionale ed europeo dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile: dalle possibili risposte alle sfide ambientali e climatiche che si pongono a livello transnazionale alle questioni concernenti la conformità degli ordinamenti interni con gli obblighi posti dal diritto internazionale; dalle problematiche relative all’attuazione del diritto dell’Unione europea negli Stati membri a quelle concernenti l’armonizzazione delle normative ambientali nazionali.

Con riguardo al tema del Convegno, Tamburelli ha posto l’accento sul come negli anni più recenti si sia affermato, a fianco del principio dello sviluppo sostenibile, quello di ‘non regressione’, considerato come un argine al potenziale impatto che situazioni di crisi / emergenze economiche possono avere sull’effettività delle tutele ambientali rispetto ad attività antropiche spesso pericolose e dannose per l’ambiente.

Il principio di non regressione, da molti considerato come implicito nel principio 7 della Dichiarazione di Rio, è stato più recentemente affermato nel Draft di Patto internazionale sull’ambiente e lo sviluppo adottato dalla IUCN nel 2015. In particolare, secondo la proposta, le regole sostanziali e procedurali per la conservazione dell’ambiente devono essere mantenute senza regressione, e interpretate e applicate a favore dell’integrità ecologica, salvo motivi imperativi di interesse pubblico (art. 10). Ad oggi, comunque, permangono dubbi sullo status di tale principio nel diritto internazionale generale.

I lavori del Convegno si sono poi articolati in tre sessioni, presiedute da tre riconosciuti ‘maestri’ del diritto internazionale dell’ambiente, i professori Francesco Francioni, Sergio Marchisio e Tullio Scovazzi, che hanno indirizzato e contribuito a tutti gli interventi mantenendo al centro delle analisi alcune questioni fondamentali: eventuali indicatori di una regressione o di un rischio di regressione con riguardo a finalità e obiettivi del diritto ambientale, effettività ed efficacia dei principi e delle norme giuridiche vigenti.

Il primo contributo dei relatori ha avuto come focus il principio 21 della Dichiarazione, relativo alla prevenzione del danno ambientale.Ad analizzare questo fondamentale principio è stato il dott. Mario Gervasi, che ha voluto evidenziarne il carattere innovativo. In tal senso, il principio, anziché essere concepito come un corollario della sovranità territoriale, va indicato come un concetto del tutto nuovo il cui tratto distintivo risiede nella concezione della tutela dell’ambiente come interesse collettivo della comunità internazionale. In questa prospettiva, l’attenzione andrebbe posta sulla necessità di valorizzare l’interesse collettivo e ciò consentirebbe di evitare, almeno a livello normativo, una eventuale regressione dei sistemi di tutela conseguente all’indebolimento del valore ‘ambiente’ nell’ambito di variabili interpretazioni del principio dello sviluppo sostenibile.

Strettamente correlato alla prevenzione del danno ambientale è il tema della cooperazione tra Stati (principi 22 e 24 della Dichiarazione di Stoccolma). La relazione della prof.ssa Laura Pineschi ha riguardato il principio della cooperazione interstatale e ha messo in luce le ragioni che ne impedirono una piena affermazione. La proposta avanzata nel corso dei lavori preparatori della Conferenza di Stoccolma trovò infatti l’opposizione di alcuni Paesi, in primis il Brasile, che videro nel recepimento del principio una minaccia di restrizione della loro sovranità territoriale. Successivamente, la tematica della cooperazione è stata rilanciata dal principio 19 della Dichiarazione di Rio del 1992, grazie al quale sono stati affermati obblighi di notifica, informazione e consultazione preventiva. Tuttavia, l’assenza di chiarezza sul contenuto di tali obblighi costituisce un serio problema rispetto al quale gli Stati sono oggi chiamati ad impegnarsi.

Un altro spunto di riflessione è venuto dalle osservazioni concernenti l’approccio con il quale sono state affrontate le problematiche ambientali. Il prof. Francesco Munari ha infatti contestato come l’impostazione giuridica non si sia aperta alla scienza, che va considerata invece fondamentale nel delineare norme efficaci a tutela dell’ambiente. In tal senso, è stato rivolto ai giuristi l’invito a cambiare prospettiva, così da poter formulare regole che siano realmente utili per la salvaguardia del pianeta.

Nel perseguire un’adeguata protezione dell’ambiente risulta altrettanto importante il rispetto dei diritti delle generazioni future, che trova espressione nel principio dell’equità intergenerazionale, trattato dal dott. Andrea Crescenzi. Nonostante il primo riferimento alle generazioni future risalga alla Dichiarazione di Stoccolma, la sua più completa affermazione la si è raggiunta con l’affermazione del principio dello sviluppo sostenibile. Oggi, l’inserimento di un esplicito riferimento all’interesse delle future generazioni nella carta costituzionale di alcuni paesi, tra cui l’Italia, ha reso ancora più evidente lo stretto legame esistente tra diritti umani e ambiente.

A tal proposito, va ricordato come i diritti e doveri dell’uomo nei confronti dell’ambiente a Stoccolma siano stati delineati secondo un approccio antropocentrico. Ciò è stato messo in luce dal prof. Nicola Colacino, il quale, illustrando il passaggio dalla visione funzionalistica a quella antropocentrica, ha voluto evidenziarne la portata innovativa, ma anche mostrare come i risultati apportati siano stati poco soddisfacenti. Dello stesso avviso, il prof. Massimiliano Montini, il cui auspicio è stato proprio quello di rinvigorire il diritto ambientale secondo un’ottica ecologica, con la quale bilanciare il rapporto tra uomo e natura.

Aspetto non meno importante ai fini di una maggiore effettività del diritto ambientale è quello della partecipazione del pubblico alla gestione dell’ambiente, resa possibile dall’affermazione di alcuni diritti procedurali. Difatti, il mancato riconoscimento – sul piano internazionale – del diritto umano ad un ambiente sano, con conseguente obbligo in capo agli Stati, ha implicato la necessità di optare per un “approccio procedurale”. La Conferenza di Stoccolma mise comunque un focus sul bisogno di conferire un’educazione ambientale, limitandosi così all’affermazione di un diritto all’informazione. La scelta di rendere la società partecipe nei processi decisionali aventi impatto ambientale si è rilevata, secondo la prof.ssa Elena Fasoli, più che positiva, in quanto ha consentito un decisivo miglioramento delle politiche e delle legislazioni interne nei riguardi dell’ambiente. Almeno sotto questo punto di vista, si può quindi rilevare un avanzamento del diritto internazionale dell’ambiente.

Il “controverso” rapporto esistente tra tutela della biodiversità e sviluppo economico è stato poi oggetto di analisi da parte del dott. Ilja Pavone, che ha fatto riferimento ad alcune delle problematiche emerse durante i negoziati per l’adozione della Dichiarazione di Stoccolma e, in particolare, a quella della contrapposizione tra i Paesi in via di sviluppo e quelli industrializzati: i primi che desideravano realizzare il proprio sviluppo economico e i secondi che miravano, invece, alla promozione di un’etica ambientale. Queste posizioni hanno determinato un forte contrasto ancora oggi presente. In tale scenario, si è giunti a concepire il principio 4 della Dichiarazione di Stoccolma come sintesi tra diritto allo sviluppo economico e tutela ambientale. L’interdipendenza tra sfera economica ed ambientale è peraltro ancora oggi uno dei temi più dibattuti e discussi. Basti pensare al recente rapporto dell’UNEP intitolato “Making Peace with Nature”, che sottolinea il bisogno di cambiare il rapporto con la natura attraverso l’identificazione di azioni utili per il raggiungimento di un reale sviluppo sostenibile.

In relazione a ciò, un ruolo rilevante è stato riconosciuto al mondo della finanza in quanto in grado di supportare le attività sostenibili. Ai tempi della Dichiarazione di Stoccolma, il finanziamento venne riposto unicamente nelle mani dei paesi industrializzati, trascurando l’importanza del contributo che possono rivestire i finanziamenti privati. In merito alle decisioni adottate per la promozione della finanza sostenibile, la prof.ssa Susanna Quadri ha posto l’accento sulla tassonomia verde concepita come classificazione delle attività ritenute sostenibili sulla base del principio del danno non significativo all’ambiente. Quanto alla finanza sostenibile, è stato, altresì, importante la definizione dei criteri ESG (Environmental, Social and Governance), sviluppati per misurare e comunicare l’impegno delle imprese in termini di sostenibilità. Tali fattori, favorendo una comunicazione trasparente, consentono di contrastare il fenomeno del greenwashing, ovvero tutte quelle strategie con le quali le aziende si presentano come sostenibili occultando l’impatto ambientale negativo.

La relazione del prof. Saverio Di Benedetto ha riguardato invece la protezione delle aree oltre i limiti della giurisdizionale nazionale e gli obblighi erga ormnes. Di Benedetto, partendo dal principio 21 della Dichiarazione di Stoccolma sulla responsabilità degli Stati di non causare danno all’ambiente di aree oltre la giurisdizione nazionale, ha analizzato la prassi internazionale rilevante per valutare in che misura abbia inciso sulla eventuale formazione di una norma di diritto internazionale generale (natura, contenuto, campo di applicazione).

La prof.ssa Elisa Ruozzi ha poi approfondito il tema della riparazione del danno ambientale, focalizzandosi, in particolare, sul principio 22 della Dichiarazione di Stoccolma e sull’articolo 7 del Patto globale per l’ambiente. Il principio 22, strettamente legato al principio 21 della stessa Dichiarazione, enuncia la responsabilità da parte degli stati di cooperare nella riparazione dei danni ambientali causati all’ambiente al di fuori della propria giurisdizione nazionale. L’articolo 7 del Patto globale per l’ambiente, ispirato al principio della mitigazione del danno, prevede invece che le parti notifichino agli altri Stati ogni calamità naturale o altre emergenze in grado di produrre immediati effetti nocivi all’ambiente sottoposto alla loro giurisdizione. Inoltre, l’articolo 5 del Patto tende a spostare l’attenzione dalle vittime all’ambiente, poiché gli Stati, chiamati a garantire che le attività svolte nel proprio territorio non causino danni all’ambiente in zone non soggette alla sovranità statale, hanno la responsabilità di adottare tutte le misure necessarie al fine di prevenire un eventuale danno ambientale. Un aspetto da non sottovalutare è però che non tutto il danno ambientale è misurabile in termini economici.

A conclusione dei lavori, una interessante Tavola Rotonda a cui hanno partecipato Francioni, Marchisio, Scovazzi e Tamburelli ha sottolineato come a 50 anni dalla Conferenza di Stoccolma sia sicuramente possibile rilevare e evidenziare la molteplicità delle azioni intraprese in materia di tutela dell’ambiente e sviluppo sostenibile, tali da suscitare una profonda riflessione sullo stato attuale del diritto internazionale in materia. In questo senso, il Convegno ha sicuramente rappresentato un momento importante di confronto e approfondimento. 

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